LORENZA BARONCELLI

BLUE LUNETTA

Nuove facciate per l’Università di Lunetta (Mantova, Italia) disegnate da Edi Rama, artista e primo ministro albanese. Ispirato da “Give me Colours” sviluppato da Rama come sindaco di Tirana nel 1991, il progetto usa i colori com strumento costitutivo della rigenerazione urbana. ©foto di Giulia Flavia Baczyński.

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L’università dopo la rigenerazione

Una lettera a un cittadino mantovano:

“Cara Eleonora,
grazie mille per la domanda e grazie a tutti per i commenti.

Le ragioni che ci hanno spinto a questa scelta sono molteplici, cercherò di sintetizzarle in tre punti principali: il diritto di tutte e tutti i cittadini di Mantova alla bellezza, sia che vivano nel centro sia che vivano in periferia; la necessità di ripensare lo sviluppo delle città, dopo decenni in cui la disciplina urbanistica si è illusa di poterlo controllare attraverso previsioni e percentuali; e infine, la volontà di moltiplicare la visibilità di Mantova nel mondo non solo con l’obbiettivo di portare turisti ma soprattutto per attirare risorse culturali ed economiche.

Tre punti di cui ha parlato ieri il sindaco Mattia Palazzi in piazza ma che ripeto con piacere.

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L’università dopo la rigenerazione

partire dal dopoguerra, con il movimento moderno, la disciplina urbanistica ha creduto di poter pianificare lo sviluppo delle città osservandole dall’alto ed assegnando ad ogni zona disegnata a tavolino delle percentuali funzionali.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, e per molti anni, l’esplosione delle periferie attorno alle grandi metropoli è stata semplicemete ignorata dalle culture dominanti dell’urbanistica e dell’architettura. La cui attenzione era dedicata prevalentemente alla riprogettazione della città storica e alla grande utopia delle città di fondazione.
La verità è che per almeno quarant’anni l’architettura e la politica hanno ragionato sulla città contemporanea, leggendone il passato e progettandone il futuro, senza rendersi conto che una nuova prorompente dimensione della città contemporanea stava nascendo attorno a noi.

L’impossibilità di continuare a rimuovere dal proprio sguardo un fenomeno che aveva nel frattempo assunto dimensioni macroscopiche ha aperto, verso la fine degli anni Ottanta, una seconda fase nell’approccio della cultura architettonica ed urbanistica nei confronti del fenomeno delle periferie: il tentativo di annichilirle, spostandole o semplicemente estirpandole dalla geografia urbana.

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Se ragioniamo oggi sul panorama urbanistico, sociale ed economico che caratterizza la gran parte delle città del mondo, capiremo che, dopo le fasi dell’indifferenza e della condanna, si è aperta oggi una terza fase: quella del prendersi cura.
Prendersi cura di un pezzo della nostra città, di un pezzo fondamentale della nostra società, che non possiamo più cancellare dal nostro sguardo, ma che non possiamo neanche più semplicemente condannare come un difetto o guardare come se fosse un ambiente malato.

Prendersi cura significa soprattutto guardare con grande attenzione quello che succede nelle società che abitano gli spazi di questi pezzi di città, imparare a valorizzare e utilizzare il patrimonio di risorse di dinamismo, solidarietà e inventiva che le periferie possono offrire.

Dare forza e reputazione alle risorse che le periferie di continuo creano al loro interno non è solo un modo per rispondere alle aspettative di condizioni migliori di vita che gli abitanti esprimono, ma per migliorare l’economia urbana nel suo complesso.

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Mantova è una città splendida, unica, ma esiste una visibile differenza tra centro e periferia. Non penso che il centro sia bello e la periferia brutta. Tutt’altro. Ma quando arrivi a Mantova, finché non sei sul ponte di San Giorgio, non hai la sensazione di essere in città. La periferia mantovana ha molti problemi, molti “magoni” incompiuti ma anche degli esperimenti architettonici molto interessanti che hanno bisogno di essere valorizzati.
Il polo universitario di Lunetta è un edificio bellissimo. Invito tutti a camminare all’interno: la rampa che ti porta alla biblioteca dell’ultimo piano, le aule come anfiteatri, le finestre di vetro cemento…è un edificio che dovrebbe essere pubblicato sui libri di storia dell’architettura.

Sogniamo una Mantova in cui il turista che viene a vedere Palazzo Te o Palazzo Ducale, incuriosito dal vedere l’opera dell’artista Edi Rama, vada a Lunetta e scopra un edificio incredibile.

Sogniamo una Mantova in cui tutte e tutti i cittadini abbiamo lo stesso diritto a vivere in una città bella, senza distinzioni tra chi vive al centro e chi vive in periferia.

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L’università dopo la rigenerazione

Infine, è necessario riattivare l’interesse internazionale su Mantova. Viaggio molto, tutti quelli a cui chiedo conoscono la storia della città, ma pochi hanno interesse a investire, culturalmente ed economicamente, su di essa. Non mi riferisco esclusivamente al turismo ma alla necessità di riattivare attori culturali ed economici internazionali.

Quando Edi Rama dipinse Tirana, fu pubblicato su tutte le riviste di arte e architettura del mondo. È la visibilità ottenuta gli ha permesso, da primo ministro, di cambiare il destino del paese.

Lunetta è solo il primo passo di un lavoro lungo e difficile: far ricominciare il mondo a parlare di Mantova. Abbiamo bisogno di costruire una nuova narrativa, abbiamo bisogno di ricominciare a stupire. Abbiamo vinto la capitale della cultura, è il nostro momento!

Lorenza”

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